La rivoluzione delle committenze

L’Italia unita si accinge ad attuare nel campo economico tutto ciò che è necessario per essere all’altezza, come nuovo Stato nazionale, degli altri paesi europei. Pur consapevole della mancanza di beni primari e di strutture, come pure di una arretratezza dovuto al suo essere “colonia” si accinge ad attuare quella prima rivoluzione industriale che i paesi occidentali sviluppati avevano ormai concluso, utilizzando, fortunatamente i mezzi che la seconda rivoluzione industriale offre: scoperte scientifiche, chimiche, l’elettricità (motore a scoppio) e l’applicazione in modo sistematico del libero mercato. E’ nel muoversi in questa direzione che il nuovo stato unitario consolida una nuova borghesia che unisce al fine di mantenere e allargare le proprietà terriere, la voglia di affrontare acquisti di beni mobili che sottolineino una posizione sociale e soddisfino il piacere culturale. Così che la borghesia affronta l’arte della, e nella, seconda metà dell’Ottocento e diventa nuova committenza.

Uno degli strumenti funzionali alla borghesia per potere partecipare all’acquisto delle arti figurative è la Protettrice. Essa, infatti, da una parte pubblicizza l’opera degli artisti che sono sprezzati dall’Accademia, come il paesaggio e la pittura di genere, dall’altra parte diventa acquirente di opere d’arte. Infatti i quadri esposti avranno come possibili compratori la Protettrice stessa, i suoi soci e il pubblico. Con questa nuova istituzione, quindi, l’artista, oltre ad aumentare le possibilità di guadagno, può indagare con libertà “espressioni” come la pittura di paesaggio, i ritratti e le scene familiari che tanto affascinano la buona borghesia e, per questi lavori, utilizzare formati medi e piccoli. La dimensione del quadro, insieme alla tecnica e al soggetto saranno i veri artefici della rivoluzione della committenza in questa ultima parte del diciannovesimo secolo.

Raffaele Faccioli e gli artisti del suo tempo >>>